Museo Civico "Carlo Verri" Biassono
La croce, il leone, l'arca
Etiopia: una nazione cristiana nel Corno d'Africa
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L’Etiopia occupa un vastissimo altipiano in Africa Orientale, poco a Nord della linea dell’Equatore, e si estende per 1.130.000 Kmq. È quindi quasi quattro volte più vasta dell’Italia. Il clima è uniforme e temperato, per l’altitudine di quasi tutto il paese: la Capitale, Addis Abeba, è collocata a 2350 metri di altezza.
Senza sbocchi sul mare (dopo la secessione dell’Eritrea nel 1993), confina ad Ovest con il Sudan, a Sud con il Kenya, ad Est con la Somalia, a Nord con Gibuti (un tempo Somalia francese) ed Eritrea, con la quale si trova attualmente in guerra per controversie di confine.
La sua popolazione supera i 45 milioni, poco meno dell’Italia.
Circondata da nazioni che sono state tutte colonie europee, l’Etiopia è sempre stata indipendente, sostanzialmente negli stessi confini d’oggi, tranne che nel breve periodo della dominazione italiana, dal 1936 al 1941.
La popolazione è composita, con gruppi etnici e linguistici distinti. Il più importante (quasi il 40% degli abitanti) è però quello - cristiano copto - degli Abissini (Ahmara), con caratteri camitici (negroidi) con apporti semitici, che danno i caratteristici lineamenti molto vicini a quelli "europei". La lingua parlata è l’Ahmarico.
In Etiopia sono moltissimi i gruppi umani diversi dagli Abissini, con propri caratteri razziali, culturali, linguistici e religiosi. In gran parte si tratta di gruppi musulmani, come quello più importante dei Galla (sono il 35% della popolazione, nel Sud del paese), così come sono di religione islamica quasi tutte le popolazioni delle nazioni confinanti.

UN PO' DI STORIA

L’Etiopia si apre alla storia con il Regno di Axum, collegato all’Arabia del Sud, l’attuale Yemen. Le origini leggendarie si collegano alla figura della Regina di Saba, che sarebbe la regina etiopica Maqeda. Dall’unione del Re Salomone e Maqeda sarebbe nato Menelik I, mitico fondatore del regno etiopico e capostipite della dinastia che ha tenuto il potere fino alla deposizione di Hailè Sellassiè, nel 1974.
Gli stretti collegamenti con l’Arabia Meridionale spiegano il forte apporto semitico e l’originaria religione, il giudaismo, del Regno di Axum. Le tradizioni ebraiche hanno resistito fino all’età moderna presso un ristretto nucleo di popolazione, i Falascià, circa 50.000 individui, che sono stati trasferiti tutti nello Stato di Israele tra il 1984 e il 1991.
Il Regno di Axum unificò il paese ed era culturalmente molto avanzato. Ha lasciato documenti scritti in greco e in sud-arabico ed ha elaborato l’attuale alfabeto ahmarico.
Nel IV secolo d.C. il Regno di Axum divenne cristiano, stabilendo rapporti diretti con i centri della cristianità, soprattutto Gerusalemme. Raggiunse grande potenza, travolgendo nel 400 d.C. il Regno egizio-africano di Kush (Meroe), nell’attuale Sudan. Si stabilirono così rapporti diretti con l’Egitto romano, allora cristiano. Nei secoli successivi gli Axumiti resistettero validamente, in guerre durate secoli, alla pressione dei musulmani, che volevano islamizzare il paese, e poi alle potenze europee, che tentarono di colonizzarlo. L’Italia, che controllava l’Eritrea, venne sconfitta nel 1896 nella sanguinosa battaglia di Adua.

LA RELIGIONE


In Etiopia oltre il 55% della popolazione è cristiana. Il paese rappresenta il limite meridionale, in Africa, raggiunto dal cristianesimo ed è oggi isolato tra paesi tutti divenuti musulmani. Se in Egitto la chiesa copta conta forse meno del 10% della popolazione, il cristianesimo è scomparso dai paesi del Magreb (Algeria, Tunisia) e dal Sudan nel XV-XVI secolo. Ogni tentativo di introdurre il cattolicesimo è fallito.
La cristianizzazione è di origine antichissima e viene tradizionalmente fatta risalire alla predicazione di San Frumenzio, che veniva dalla Siria, giunto nel Regno di Axum come schiavo e divenuto primo ministro. Venne consacrato vescovo nel 333 dopo Cristo. Egli introdusse la leggenda dell’origine mitica della dinastia regnante da re Salomone e la Regina di Saba, che restò sempre l’elemento unificante della nazione abissina.
Il cristianesimo, al di là delle leggende, sembra essere comunque giunto dalla penisola arabica, da dove già era arrivato precedentemente il giudaismo e non dall’Egitto, risalendo la valle del Nilo. Lo sbarramento del Regno di Kush (o di Meroe), che aveva fermato anche gli imperatori romani, era insuperabile.
Nel IV secolo d.C. il cristianesimo divenne così religione di Stato, con il re Ezanasa, che pose la croce sulle proprie monete. In epoca più recente l’imperatore (Negus Neghesti: "Re dei Re") venne definito "il leone di Giuda", in quanto discendente da Salomone, che era della tribù israelita di Giuda, come Davide, di cui fu discendente Cristo . La dinastia regnante si reputava così imparentata direttamente con Gesù e la Madonna. Si spiega con ciò il culto specialissimo tributato a Maria.
Il cristianesimo copto abissino segue la dottrina monofisita. Rifiuta la coesistenza nel Cristo della natura umana con quella divina: nega quella umana. Il monofisismo venne condannato dal concilio di Calcedonia nel 451 d.C.: rimasero monofisiti i copti di Egitto e di Etiopia, i Giacobiti di Siria e gli Armeni. Il termine copto deriva dall’arabo el qubt, che definisce gli egiziani.
La chiesa copta-abissina appare molto influenzata dai copti egiziani, che si collegavano a loro volta alle antiche tradizioni egizie, anche nella lingua liturgica.
Non mancano però tradizioni che si riferiscono all’originario giudaismo dell’Etiopia. Tra queste il mito della conservazione in Etiopia dell’Arca dell’Alleanza, trafugata dal tempio di Gerusalemme da Menelik I, figlio di Salomone e della Regina di Saba, con le tavole della legge. Essa sarebbe, ancora nascosta in un luogo tenuto segreto e noto solo alla gerarchia ecclesiastica, guidata dal Vescovo d’Etiopia, l’Abuna, che veniva nominato dal Patriarca copto di Alessandria.
Nell’iconografia viene esaltata soprattutto la natura divina del Cristo, rappresentato più come maestro e in maestà che come "Crocifisso". Un culto particolare viene dedicato alla Madonna, come madre di Dio, e ad alcuni santi, soprattutto san Giorgio, del quale viene sottolineata la valenza vittoriosa, sul male e quindi sui nemici del cristianesimo. È trasparente il significato anti-islamico anche se l’origine più lontana, ancora pagana, va cercata – secondo alcune leggende delle origini - nella lotta vittoriosa contro il dio Serpente, da cui discendeva la regina di Saba.
Viene fortemente potenziato il significato simbolico della croce, che si pone come elemento centrale della liturgia, dell’iconografia sacra e della stessa vita quotidiana degli Abissini. Croce che abbiamo voluto fosse il motivo centrale di questa Mostra.

SIMBOLI E STRUMENTI LITURGICI


Tra tutti gli strumenti musicali, alcuni di tradizione africana non cristiana, che accompagnano le cerimonie religiose copte, particolare significato ha il sistro. Si tratta di un antichissimo strumento musicale, di origine egiziano-faraonica, con dischi metallici che scorrono lungo barre metalliche tenute ferme tra due bracci, provocando un rumore stridulo ed ossessivo.
L’Etiopia è l’unico paese in cui questo strumento, che accompagnava le cerimonie pagane del culto di Iside, si è conservato.
In ogni casa etiope si aveva, e talvolta si ha ancora, una rappresentazione, in metallo o in legno, dell’arca - il Tabot: il Tabernacolo -, con all’interno, protetto da piccoli sportelli, il rotolo con le preghiere. Il contatto con la cultura ebraica e con la tradizione dei rotoli della Torah, appare evidente.
I vangeli, talvolta riccamente miniati, con uno sciolto spirito narrativo, erano appoggiati su leggii, chiudibili a libro, a loro volta con ricche decorazioni.
Il bastone del pastore, il "pastorale", è un altro oggetto sempre presente nella liturgia e nella quotidianità degli Abissini. La premessa è il bastone "a Tau" (la T greca), con la terminazione superiore orizzontale, predisposta per l’appoggio sotto l’ascella, per riposare in piedi durante le lunghe attese accanto alle mandrie e durante le preghiere.
Uno sviluppo di questo bastone è la croce astile, il "pastorale" del clero, con croci metalliche, o in legno, portate su lunghe aste.
Le croci, nelle quali non si ha mai la figura del Cristo, sono ottenute a traforo, con fusioni a cera persa, con uno sviluppo decorativo ricchissimo. Le variazioni sono inesauribili, con motivi della più varia origine, da quella bizantina, a quella copto-egiziana, a quella più propriamente africana. Non mancano rappresentazioni figurative, pure a traforo o incise, con la Madonna o i Santi. Di grande bellezza è l’esemplare con la rappresentazione di San Giorgio, in legno, esposto in Mostra.
Le forme tendono a caratterizzarsi regionalmente, anche se la fantasia degli artefici ne rende difficile sia la classificazione, che la datazione. Gli esemplari esposti, alcuni di grandi dimensioni, sono comunque tutti del XIX e XX secolo, realizzati solitamente in metallo (argento povero, ottone, ferro ecc.) o, nelle aree più povere, in legno.
Simili forme hanno anche le croci manuali, con una impugnatura e una terminazione inferiore decorata, talvolta ricca come quella delle croci astili. Esse venivano tenute strette in mano durante le funzioni e le cerimonie.
Costante al collo degli abissini, soprattutto le donne, era - ed è ancora - il pendente a croce, di solito in argento povero, talvolta dorato. Le dimensioni sono le più varie. La forma può essere di grande semplicità ed essenzialità, oppure propone fantastici e sempre diversi sviluppi decorativi, costantemente a traforo. Le forme sono regionali e spesso perpetuano per secoli schemi decorativi antichissimi.
Presso i Falascià, che mantenevano l’originaria religione ebraica, i pendenti erano simili, ma recavano ben visibile la stella di Davide al posto della Croce o ad essa intrecciata.


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