Museo Civico "Carlo Verri" Biassono
Ieri la cucina (oggi l'angolo cottura)
Il nostro mondo scomparso: intorno a un camino, la famiglia
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LA CUCINA DELLA MEMORIA

Il Museo di Biassono ha ricostruito in una delle sue sale un camino, come quelli che un tempo erano nelle case del paese. Ha portato tavoli di legno grezzo, sedie impagliate, semplici e funzionali ripiani sul muro.
La foto di qualche nostro parente lontano, forse dei nonni o degli zii. La foto colorata a mano, come si faceva un tempo, riporta così i volti di quanti un tempo riunivano la famiglia intorno ad un camino simile, ad un identico tavolo, a vivere le gioie e i dolori di una vita spesso difficile, dura come oggi neppure immaginiamo. Nascite, matrimoni, funerali, funzioni religiose, ma soprattutto giorni sempre uguali.
La cucina era il loro punto di riferimento, il loro rifugio, dove vi era la certezza di ritrovarsi sempre, tutte le sere.
Il tempo è trascorso; la famiglia si è ridotta, impoverita, disgregata. Nella nostra casa ci si incontra in altri luoghi (quando ciò, raramente, avviene): nel tinello, nel salotto davanti alla televisione. La cucina ha perso valore; è divenuta "funzionale". Il luogo dove un tempo la preparazione dei cibi si ricollegava a tradizioni secolari, agli insegnamenti di generazioni di madri di famiglia, oggi è divenuto deposito di scatolette, di cibi precotti, di surgelati. Antichi strumenti, frutto di una elaborazione talvolta millenaria, sono stati sostituiti definitivamente da innumerevoli elettrodomestici, sempre più complessi, costantemente modificati secondo le esigenze della moda. Antichi strumenti, che il Museo ha ricercato, trovato, custodito, oggi portato in mostra.
Non si è voluta ricostruire la cucina di un luogo preciso o di un anno preciso, la fine dell'800 o gli anni '40. Si è voluto ricreare un luogo della nostra memoria, volutamente impreciso. Appunto come i nostri ricordi, se appena abbiamo più di quarant'anni, di quando eravamo bambini e seguivamo stregati i gesti antichi della nonna in cucina.
Per accettare o escludere un oggetto abbiamo tenuto presente solo un principio: l'oggetto presentato doveva precedere ed essere stato sostituito dai nuovi strumenti, gli elettrodomestici.
La nostra cucina ideale è quella che si poteva avere prima dell'arrivo sistematico dell'energia elettrica e della produzione di serie. Prima del frigorifero, del frullatore, del forno a microonde. Non abbiamo badato molto se l'oggetto presentato ha vent'anni o duecento. Dovevano essere antichi la funzione, il gesto per usarlo.
Abbiamo raccolto tanti oggetti. Certamente troppi per una cucina vera. Abbiamo pensato cosė di aiutare ciascuno di noi a ritrovare il suo oggetto, il suo strumento, il suo ricordo, fra i tanti che erano nelle tante cucine del suo passato, e in quelle di sua madre, di sua nonna. Certamente i ripiani, i tavoli, le pareti sono troppo affollati. Ma forse non molto diversi da come era nelle cucine di un tempo. Dove nulla veniva gettato, tutto veniva conservato, riparato, riutilizzato, cosė gli oggetti come il cibo stesso. Dove gli oggetti si consumavano poco per volta con l'uso, con il passaggio tra tante mani, per migliaia di giorni, con gesti sempre uguali. Gesti che ognuno di noi potrà riconoscere sugli oggetti esposti: usurati, ammaccati, riparati in mille modi. Mai gettati quando ancora potevano servire.
Gli oggetti esposti sono semplici, fatti con materiali poveri, talvolta ottenuti reimpiegando altri oggetti "più importanti". La cucina che abbiamo voluto è una cucina povera, di una famiglia "povera". Sappiamo bene che nella Villa Verri, vicino a noi, gli strumenti - soprattutto al momento del consumo dei cibi - erano ben diversi, ben più ricchi, costosi, complessi.
Gli strumenti e gli oggetti della cucina del povero, del contadino, del servitore, erano ben diversi, anche brutti: talvolta - ai nostri occhi - indecorosi. Li abbiamo voluti lo stesso, perché sono autentici.
Ogni oggetto aveva una precisa funzione, che talvolta a noi oggi sfugge. Non abbiamo più bisogno di quella operazione, di quel gesto: tutto è preconfezionato e basta spesso una forbice o la pressione di un dito su un bottone.
Ogni funzione, ogni oggetto, ogni strumento avevano nomi precisi, distinti, universalmente compresi. Nomi che erano diversi nei luoghi diversi, che il dialetto, scomparendo, si è portato via. Parole che abbiamo perso, talvolta definitivamente.
Abbiamo tentato si ricordarne alcune. Non sempre ci siamo riusciti. Quanto abbiamo recuperato viene proposto, magari nel dialetto di un paese vicino al nostro, ma comunque in un dialetto lombardo.
I semplici strumenti della cucina di ieri servivano alla confezione di cibi semplici, più adatti alla sopravvivenza che a invitare ai piaceri della tavola. Una cucina con ingredienti e piatti elaborati nella tradizione della povertà e non della buona tavola. Ma nella quale la semplicità era la garanzia della buona salute, dell'efficienza nel lavoro, della longevità.
La ricostruzione della cucina di ieri comportava quindi anche il dovere di ritrovare i piatti di un tempo (talvolta neppure troppo lontano), le tecniche di preparazione, di cottura. Qualcosa si è salvato ed ancora raggiunge le nostre tavole: la cassöla, la busecca, il vaniglia, la polenta, la torta paesana. La memoria di tanti altri piatti è invece perduta, gli ingredienti non esistono più, non vengono più prodotti. Qualcosa siamo riusciti a recuperare nei libri. Forse ancora più degli oggetti, che - anche se rotti e incompleti - possiamo ritrovare e prendere nelle nostre mani. Saranno questi ricordi di profumi, gusti, sapori irrimediabilmente perduti, a rendere ancora più acuta la nostalgia. La nostalgia di un mondo scomparso: la cucina di ieri.

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