Museo Civico "Carlo Verri" Biassono
Da "Cantá 'l Cristè" all'uovo di Pasqua
L'uovo in alcune tradizioni pasquali
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DA "CANTÁ ‘L CRISTÈ" ALL'UOVO PASQUALE

Nella Brianza agricola di circa settant’anni fa, a ridosso della Pasqua, nella Settimana Santa, si poteva assistere ad una particolare processione di questua quaresimale detta Cantà 'l Cristé.
Questa processione era fatta da gruppetti di tre o cinque bambini di dieci-dodici anni. Era indispensabile la guida di almeno un bambino che facesse il chierichetto e che ben conoscesse le preghiere in latino.
Cantà 'l Cristé era una cerimonia beneaugurante che si celebrava nel momento in cui sbocciava la primavera e già si potevano cogliere gli auspici per un miglior raccolto o il successo delle tante attività agricole o di allevamento: tra queste era importantissimo l'allevamento dei bachi da seta, i cavalé che producevano i galètt cioè i bozzoli di seta.

Il gruppetto dei bambini celebranti andava di casa in casa, alcuni con un cestello per la questua e altri con il Cristé. I bambini impartivano questa speciale benedizione ai locali, cantando l'inno Vexilla regis prodeunt e altre preghiere nel loro latino maccheronico. Il Cristé era un'insegna formata da una lunga asta terminante con una croce o con una punta di lancia su cui era fissata in verticale una corona rotonda composta con ramoscelli intrecciati di mortella (pianta cespuglio), con appesi i simboli della Passione di Cristo e altre immaginette come quella di San Giobbe o Sajopp, protettore dei bachi da seta.

Al termine i bambini lanciavano in aria i loro vessilli come auspicio di benessere sulla casa e sulle attività che in essa si svolgevano, cantando:

O cari cari i mè dunètt
se me darì un quai uvètt
se me darì un quai uvètt
ve narà bèn anca i vost gàlett
         
Care, care le mie donnette
se mi darete qualche ovetto
se mi darete qualche ovetto
vi andrà bene anche il raccolto dei bozzoli

Ogni paese aveva la sua versione, fra queste:

O don dunet
gh'é chè ul Cristee
par fa naa ben i cavalee.
Se ma darii un quai uvet
ga faroo faa tanti galet.
Se ma darii un quai uvon
ga faroo na ben anca i marcion.
Amen

La questua fruttava ai bambini delle uova che venivano date a loro non solo perché in primavera ce n'era in abbondanza, ma principalmente per il valore beneaugurante di questo "germe di vita".

Un'altra questua un tempo diffusa in Brianza nel periodo quaresimale vedeva come protagoniste le bambine che recitavano nei cortili una sorta di sacra rappresentazione ispirata all'incontro tra Gesù e la Samaritana. Due bambine interpretavano i due personaggi sacri, mentre una terza, con un cestello, passava tra il pubblico per raccogliere le offerte. Il testo non ha pretese letterarie e si presume che sia stato modificato e alterato dal popolo che spesso trasformava le parole che non comprendeva, come capitato al nome Samaritana, trasformato in Santa Maritana.

[queste notizie sono tratte dalle ricerche di Franca Pirovano e di Domenico Flavio Ronzoni]


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