Il tino esposto fu recuperato anni fa in condizioni estremamente degradate e ha dovuto sopportare un lungo restauro, che ha reso necessario il suo smontaggio.  Con  le “doghe” in rovere, trovate molto deteriorate, restaurate una per una, il tino è stato rimontato con successo grazie ai volontari del GRAL, guidati dal restauratore Giulio Bellani. 
 
        l tino (o la tìna) è un recipiente leggermente troncoconico 
        che era impiegato, prima dell’introduzione della macchina pigiatrice 
        a rulli, per la pigiatura dell’uva con i piedi. 
        Dopo la pigiatura il mosto inizia a fermentare (a bollire). Questa fase 
        dura circa otto giorni, durante i quali è necessario “follare” 
        il mosto, cioè spingere a fondo le vinacce, alcune volte al giorno 
        (schiscià giò i tegàsc). L’operazione 
        è facilitata se si inserisce all’interno del tino un coperchio 
        di legno forato, che mantiene sommersi raspi e bucce. Il tino viene poi 
        coperto da un telo di cotone molto battuto che trattiene l’acido 
        carbonico che si sviluppa durante la fermentazione e impedisce il contatto 
        con l’aria. 
        Al termine, il mosto viene “spillato” dal fondo e le vinacce 
        inviate alla torchiatura.  
         
         
        
           
             
                
              Tino in restauro | 
             
                
              Disegno di un tino da un manuale di enologia (1876) | 
             
                
              Vendemmia e pigiatura dell'uva da un codice medievale | 
             
                
              Nella tinera | 
           
         
           
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