Museo Civico "Carlo Verri" Biassono
La vite e il vino in Brianza dai celti al D.O.C.

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NEL VECCHIO VIGNETO

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Nell’impianto della vite era necessario preparare la struttura di sostegno. Per conficcare i pali verticali portanti, normalmente di castagno, doveva essere preparata la buca. Questa operazione era eseguita mediante un pesante palo di ferro terminante a punta che si conficcava con forza nella terra formando il buco, che veniva allargato muovendo la sbarra.

Le barbatelle (pianticelle munite di radici) tolte dal vivaio dovevano essere piantate, per formare il filare, a una determinata distanza una dall’altra. La buca era preparata in vari modi; se il terreno era già stato preparato si procedeva con un perforatore.

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Le barbatelle, che erano dalla fine dell’ottocento di vite americana resistente alla fillossera, dovevano essere innestate con un rametto di un vitigno della varietà desiderata. Dal medesimo vitigno (ad esempio il Nebbiolo in Valtellina) si producono vini con la medesima denominazione ma anche vini con denominazione diversa, dipendente dal luogo e dalle modalità di vinificazione.
L’operazione si svolgeva in primavera, quando spuntavano i primi germogli, tagliando le due estremità da collegare e sagomandole con un apposita lama da innesto, in modo che si incastrassero perfettamente. Poi si fasciava la zona dell’innesto insieme a un turacciolo di sughero, appositamente scanalato, che veniva tenuto ben serrato attorno alla pianticella con una speciale pinza da innesto. Attraverso le apposite scanalature delle ganasce della pinza si passava del filo di ferro per bloccare il turacciolo attorno all’innesto.

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La vigna durante tutto il periodo dello sviluppo vegetativo era soggetta a molti attacchi da parte di parassiti e funghi. Era necessario procedere più volte a trattamenti anticrittogamici irrorando le viti con il verderame (solfato di rame), sciolto in acqua con calce, con l’apposito irroratore a pompa, che il contadino portava sulle spalle. Analogamente si effettuava anche il trattamento con zolfo con un’apposita solforatrice o con il soffietto.
Spesso i tesori di monete antiche in rame, come quello noto come “di Biassono” (conservato in questo Museo), quando venivano casualmente scoperti dai contadini erano usati, sciolti nell’acido, per produrre verderame.

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Altro attrezzo importante era la cesoia per potare. L’operazione si effettuava tagliando i tralci che avevano fruttificato l’anno prima, lasciando solamente uno o due tralci nuovi, che avrebbero poi fruttificato. La raccomandazione, suffragata anche da un proverbio, “fammi povera che ti farò ricco”, era di ridurre al minimo il tralcio da frutto per ottenere pochi grappoli, ma di qualità migliore ...



Alcuni rarissimi residui di vecchio vigneto

Ormai tutti i vecchi vigneti sono stati estirpati ed è difficilissimo ritrovarne traccia, i pochi rimasti sono quasi da considerare alla stregua di reperti archeologici.
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Scheletro di vecchio impianto composto da pali e stagge orizzontali – Montevecchia
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Schema innesti
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Legatura delle stagge con rametti di salice

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Schema filare Guyot
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Vecchio ceppo coltivato a filare Guyot a Pertevano


ScriveteciMuseo Civico "Carlo Verri"
via san Martino, 1
20046 - Biassono (MI)
tel./FAX 0392201077 cel. 3343422482
e-mail info@museobiassono.it.
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