Museo Civico "Carlo Verri" Biassono Il Vino (a San Martino ogni uva è vino) 1 2 3 4 5 6 7 |
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PIETRO, la pratica della vendemmia e della produzione per la vendita ![]() Dalla corrispondenza intrattenuta con il fattore di Biassono nell’ultimo trentennio del 1700 si possono trarre utili notizie a questo proposito. Le colture che venivano praticate sui terreni biassonesi erano quelle tradizionali dei cereali, dei gelsi per la bachicoltura e la produzione della seta, che era la principale voce attiva della proprietà Verri a Biassono, e, appunto, delle viti. Sulla viticoltura Pietro aveva le idee chiare: "...le spese maggiori le faccio nelle vigne. Spero che da qui a pochi anni mi vanterò di raccogliere mille brente di vino, e il vino se ne ride della moda e delle rivoluzioni ..." (Lettera del 2 aprile 1794 al fratello Alessandro). Su questo Pietro aveva ragione: il settore vinicolo italiano versava sì in quel periodo in una situazione di grave arretratezza, ma il prodotto era di sicuro smercio. Proprio per questo motivo Pietro si procurò di dotare la proprietà biassonese di un torchio in modo da evitare di trasportare l’uva a Cambiago dove in un altro possedimento dei Verri già ce n’era uno. Di sicuro l’attività vitivinicola dei Verri a Biassono era redditizia tanto che Carlo si poteva rifare dei magri guadagni ottenuti col grano mediante la vendita di vino come risulta dalla lettera di Pietro Verri del 2 febbraio 1789. In effetti la vendemmia di quell’annata fu particolarmente fortunata visto che anche Pietro ne trasse "280 brente" (1 brenta = circa 50 litri) di uva, ben lontane dalle sperate mille che restavano comunque l’obiettivo del Conte, tanto da decidere di reinvestire parte dei proventi nell’acquisto di nuove viti. Pietro non si accontentava di conoscere i buoni risultati della vendemmia, ma fissava anche il prezzo a cui il vino doveva essere venduto. Una parte del vino prodotto veniva conservato nelle cantine di villa Verri, che il conte Pietro si premurò di rifornire di nuove botti e più tardi anche di nuovi tini fabbricati usando la legna di quattro querce pericolanti che crescevano lungo la strada che porta a Canonica. |
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