Nella casa giudaica, quando non si potevano usare recipienti in pietra, che davano la garanzia di non poter essere contaminati da cibi o da contatti impuri, nella cucina i cibi venivano preparati in recipienti "da fuoco" in terracotta. Come presso di noi fino a non molti decenni fa.

Le pentole, però, per loro natura erano molto fragili. Si rompevano quindi molto facilmente e venivano spesso sostituite. Il loro basso costo (infinitamente conveniente rispetto ai grandi recipienti in metallo, che erano oggetti veramente di lusso) permetteva di rimpiazzare con facilità gli esemplari perduti, e solitamente gettati in frantumi negli scarichi o nei pozzi (dove vengono trovati in grande quantità. Nello scavo del Prof. Avigad nel quartiere giudaico di Gerusalemme in un solo pozzo vennero trovate ben 750 pentole, contate in base ai manici recuperati. In un altro vennero trovate 35 pentole intatte e ben conservate. Molte avevano però un singolare foro, sicuramente intenzionale, che ne avrebbe impedito qualsiasi uso. Si spiega così la loro eliminazione: erano state in qualche modo profanate, non sappiamo da chi o da che cosa, cessando di essere Kasher ("pure", in ebraico), e quindi erano state intenzionalmente messe fuori uso e gettate nel pozzo.

Le pentole erano sempre, per comodità d’utilizzo, con un doppio manico. Le varianti si hanno nell’orlo e nell’ampiezza della bocca. Il corpo, a forma globulare, è completamente liscio o reso scabro con solchi orizzontali continui in rilievo.

Ogni epoca ha tipi propri, sempre perfettamente riconoscibili. La fragilità dell’oggetto non ne permetteva infatti un uso prolungato e i nuovi tipi seguivano nella forma la moda del momento.