Museo Civico "Carlo Verri" Biassono
La vita quotidiana in Palestina all'epoca di Erode il grande

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LE MONETE - Vetrina 6

La vetrina propone esemplari delle monete che sappiamo circolare in Giudea al tempo di Cristo.

Tra queste sono gli spiccioli in rame (prutoth) di Alessandro Janneo (re di Giudea dal 103 al 76 a.C.). Essi riportano una doppia leggenda, con la definizione "(moneta) di Alessandro re" in greco (basileos alexadrou) ed in paleo-ebraico ("Jehonatan Hammelek").

Queste monete sono ritenute (Y. Meshorer) le prime vere coniazioni giudaiche dopo una serie del periodo della dominazione persiana di monetine in argento con la scritta "Yehud" (V-IV sec.a.C.)

Si mostrano poi più tardi bronzi di Erode il Grande, con l’indicazione relativa al terzo anno di regno ("Ly" = con gamma, che è la terza lettera dell’alfabeto greco) e "erodou basileos" (= di re Erode?); quindi del 37 a.C. Poi si hanno ancora "spiccioli" di Erode Archelao, esiliato nel 6 d.C. dai romani nella Gallia (attuale Francia). Poi monete dei procuratori (governatori nominati dal Senato) romani Coponio, Ambibulo, Valerio Grato e Ponzio Pilato. Questo è il più noto, perché durante la sua amministrazione (26-36 d.C.) venne crocifisso "Gesù Nazareno, re dei Giudei". Ponzio Pilato viene ricordato anche nell’epigrafe ritrovata reimpiegata nel teatro romano di Caesarea Maritima, conservata al Museo Nazionale di Gerusalemme e presente in Mostra nell’unico calco autorizzato dal Governo israeliano.

Si rammenta che le monete con il "simpulum" (attingitoio, più semplicemente mestolo), del 29-30 d.C., sono simili a quella "la cui traccia" è rimasta sul sopracciglio dell’occhio sinistro nell’immagine, considerata di Cristo, sulla "Sindone" di Torino. Le altre, con il "lituus" (bastone rituale ricurvo), del 30-31 e 31-32 d.C., sono simili a quella la cui traccia è rimasta sull’occhio destro della figura sulla Sindone, secondo i "sindologi" torinesi Baima Bollone e Nello Balossino.

La ricostruzione di un portamonete in cuoio (identico a quelli antichi) ci visualizza la "borsa di Giuda", che egli ricevette dai sommi sacerdoti del tempio come "prezzo di sangue", per tradire Cristo. Conteneva "triakonta argyria", trenta monete d’argento; verosimilmente i famosi e pesanti "sicli", apprezzati per la purezza della lega (95% di argento fino), tanto da essere accettati senza alcuna esitazione nel tesoro del tempio, non ostante l’immagine, blasfema, della divinità pagana Melqart, protettore della città libera di Tiro (oggi nel Libano meridionale), che li coniava.

La letteratura neotestamentaria (il nuovo testamento, cioè i Vangeli) riporta ben undici termini numismatici: Krusòs, per l’oro; Denarion, Drachmé, Didrachmon, Statér, Argyrion, per l’argento; Assarion, Kodrantes e Lepton, per il rame. Oltre a queste nove monete specifiche, realmente esistite, sono ricordate due "monete di conto", utilizzate per i calcoli, ma mai emesse: il Talanton e la Mnà (la Mina). Si ha un quadro molto vivace di una ricca realtà economica ben localizzata nel tempo, il I secolo a.C. e il I d.C., e nello spazio, la Palestina, all’epoca di Re Erode, con l’incontro di culture, di economie, di lingue, di dominazioni, di ideologie, di monete diverse, orientali (persiana, fenicia, siriana ecc.), greche, romane, egiziane ma con solidissime tradizioni interne giudaiche.

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Prima edizione: 21 dicembre 1996
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